Per Mel Gibson una nuova variazione sul tema del vendicatore in nome dei propri affetti e di un superiore senso della giustizia: dopo il guerriero padre della patria di Braveheart, l’eroe di guerra di The Patriot e il delinquente-Lazzaro di Payback – La rivincita di Porter, senza dimenticare il Cristo di The Passion, che praticamente è un personaggio alla Gibson a tutti gli effetti, tranne che per il volto, adesso è il turno di Tom Craven, detective privato di Boston, chiamato a rendere giustizia alla figlia, Emma (Bojana Novakovic), che un sicario gli uccide proprio davanti alla porta di casa. Questo per troncare sul nascere l’eventualità che una testimonianza della ragazza possa dare l’avvio ad un’inchiesta sull’azienda per cui ella lavorava da stagista, la Hartmoor: diretta dal luciferino Bennett (Danny Houston), l’azienda è ufficialmente impegnata nel settore delle energie alternative, ma autorizzata in segreto a sviluppare un programma di produzione di armi nucleari. E per i dipendenti che si spingono a curiosare in modo troppo ardito, o che favoriscono la penetrazione di estranei (magari ambientalisti di McFlower) nella “zona proibita”, c’è il “trattamento” radioattivo. Dunque Emma sarebbe morta comunque in ospedale, dove si stava recando quando la pallottola dell’emissario di Bennett la raggiunge.
Strutturalmente il film sembra un noir in forma di thriller poliziesco: in effetti si definisce propriamente “noir” l’intrigo giallo in cui o la vittoria dei buoni resta sullo sfondo delle gesta dei cattivi, oppure la vicenda si conclude pendendo in modo irrisolto tra il bene e il male. In effetti in Fuori controllo la sconfitta dell’azione di Bennett appare compensata dal “gioco sporco” dell’agente Jedburgh (Ray Winston), un “infido” di classica impostazione, personaggio nel cui animo un inesorabile senso di giustizia si confonde dietro una coltre di impenetrabile doppiezza. Con tutto questo, però, il regista Martin Campbell sa mettersi al servizio dello spirito manicheo dei grandi classici di Gibson, in un certo senso adattandolo ai ritmi televisivi del suo omonimo successo del 1985 (Edge of Darkness è il titolo originale del film, ed era anche quello della miniserie diretta da Campbell venticinque anni fa, con Bob Peck e Hugh Fraser protagonisti). A uno spettatore sensibile non sfugge infatti che la caratterizzazione di Tom Craven è degna dei migliori poliziotti del piccolo schermo, a parte l’inconfondibile temperamento gibsoniano da castigatore in cerca di riconciliazione interiore: peccato però che il “detective del gingerino” non sarà il Kojak del futuro, perché è già una derivazione di un eroe catodico (il primo Craven però si chiamava Ronald).