Il curioso caso di Benjamin Button

Per una buona metà della prima parte Il curioso caso di Benjamin Button sembra una nuova vicenda di teratologia al cinema, ventinove anni dopo il memorabile Elephant man di David Lynch. Invece si scopre presto che Benjamin Button non è un mostro, reietto in quanto diverso, ma un eletto, un individuo speciale che ha il dono di vivere il tempo capovolgendo quella che è la naturale successione delle età. Se di teratologia si deve parlare, è necessario precisare che trattasi di elicioteratologia: la sua vicenda è quella di una parabola biologica al contrario, che inizia dalla vecchiaia e finisce con la primissima infanzia; la storia di un’esistenza vissuta alla rovescia, in cui le esperienze dell’età puerile e della giovinezza corrispondono a quelle della vecchiaia, e viceversa. Il destino, però, inesorabile, si muoia dopo esser cresciuti o decresciuti, alla fine è sempre quello, la perdita della memoria di sé e della propria vita. Se c’è un’incongruenza nella curiosa sorte di Benjamin Button, essa sta nel fatto che questi nasce e muore nello stesso modo, in fasce. Il che è certamente l’unica, evidente anomalia in un decorso vitale che è esattamente opposto a quello normale.


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