Da una trama come questa nella commedia italiana anni ’50 si sarebbe ricavato un film a episodi. Adesso invece la tendenza è quella dell’affresco corale (il prototipo del genere sembra essere La cena di Ettore Scola), dove i personaggi di storie parallele finiscono per incrociare le loro vicende. E vediamole più nel dettaglio, queste storie: abbiamo il gestore di una catena di locali notturni (Salemme) e la moglie, patita di sedute dall’estetista (Brilli), che stanno per separarsi ma nessuno dei due vuole l’affidamento dei figli, che ad entrambi appaiono dei “marziani”; il pretore dall’aria composta (Orlando), che segue il caso dei due di prima ma che nel privato non sta certo meglio di loro (con la Signoris); il chirurgo (De Luigi) fidanzato con la ex del poliziotto (Gassman), che proprio non riesce a sopportare che lei lo abbia lasciato, e comincia a minacciare quello fisicamente e psicologicamente perché non lo veda più; due giovani esperti di relazioni internazionali (uno dei due è la Capotondi), protagonisti dell’unica sottostoria non matrimoniale del film, che inaspettatamente si riuniscono dopo aver fatto, ognuno per suo conto, il giro del mondo in cerca dell’altro; ed infine, i due “fronti narrativi” che ci sembrano meglio costruiti. Parliamo dello sfavillante triangolo “prematrimoniale” costituito dall’ussoriducendo (Tognazzi), dalla pronubenda (Gerini), e dal sacerdote che dovrà sposarli (Insinna), tra l’altro ex della futura sposa, che si muove con agilità entro gli schemi della migliore commedia dell’arte all’italiana (e c’è anche lo spazio per una lussuosa caratterizzazione di Montesano); e della tragedia di un professore di psicologia (Bisio), che si sente comunicare per telefonino, mentre è immerso in un rito libidinoso con la sua amante, che la moglie, da cui è separato da otto anni (Elena Sofia Ricci), è morta in un incidente stradale. E’ qui che il film esplora il versante dell’essere più tragicamente “ex”, quando la perdita dell’altro che si ama non è temporanea, o recuperabile, ma definitiva e irreversibile. E la desolazione nell’animo di quest’ex è talmente insostenibile che proprio il dolore finisce per fare forza, o piacere, diventando lirica memoria, o disperato promemoria, delle opportunità sprecate e del tempo perduto.


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