In ogni parola è possibile individuare una radice e una desinenza (a essere pignoli, un prefisso, una radice, un suffisso e una terminazione; il più delle volte sono il suffisso e la terminazione insieme a formare la desinenza). A dare il significato alla parola è sempre la radice, mentre la desinenza ha più che altro una funzione grammaticale. Anche nelle date-anno, che sono delle vere “parole” numeriche (si potrebbe dire che sono le uniche parole che è possibile scrivere per mezzo di numeri) e perciò possiamo chiamare anche etonimi, si possono distinguere una radice (la prima o le prime due cifre) e una desinenza (le ultime due). Chiamiamo questi due elementi cronemi, per analogia ai morfemi e ai monemi della linguistica. Nelle date, però, non è la radice a identificarle, bensì la desinenza. La radice contestualizza la data, cioè indica il secolo a cui appartiene. La chiamiamo cronema base o semplicemente cronema (oppure anche radice centuriale) perché inquadra cronologicamente la data. La desinenza, invece, dà alla data il suo significato storico, cioè la individua come il periodo di tempo in cui è accaduto quell’avvenimento o quell’insieme di avvenimenti, e la chiamiamo quindi cronema istorema o semplicemente istorema.
Per tante date storiche emblematiche non è neppure necessario esplicare il contesto cronologico: per esempio, è sufficiente dire o scrivere ’14 per indicare l’anno di apertura della Prima guerra mondiale, o ’89 per riferirci a quello della caduta del muro di Berlino; o ancora, è sufficiente dire ’48 per parlare dell’anno delle Cinque giornate di Milano e delle grandi insurrezioni nazionali di metà ‘800 in Europa. Poi, naturalmente, sarà il contesto a chiarire se parliamo del 1914 piuttosto che del 1814 (anno dell’istituzione dell’arma dei Carabinieri); del 1989 anziché del 1789 (inizio della Rivoluzione francese); o magari del 1848 e non del 1648 (conclusione della Guerra dei Trent’anni).