Nell’antichità l’enciclopedia è un sottogenere della trattatistica. L’enciclopedia viene infatti considerata come un’opera politomica in cui le parti dello scibile sono altrettante sezioni separate (Varrone, Celso, Plinio): sotto questo aspetto, opere storiche come quelle di Eforo o di Appiano, per la loro particolare struttura, possono considerarsi di taglio enciclopedico. Il lessico enciclopedico nasce nell’ambito dell’erudizione letteraria, dunque del monotematismo: l’esempio più fulgido di lessico letterario è il Suida, del X-XI sec. L’enciclopedia moderna nasce dalla fusione tra politomismo ed alfabetismo, a partire dal ‘200: nel fiorire di opere di tale respiro tra il XIII e il XVII secolo il genere enciclopedia assume decisamente la sua dimensione panepistemica, che verrà ad essere identificata nel nome stesso di “Enciclopedia”, coniato nel titolo dell’opera di Skalich del 1559, l’Encyclopediae seu orbis disciplinarum Epistemon. Prima della comparsa di tale termine, il modo più appropriato per dire “enciclopedia”; appare quello con cui Plinio intitolò la sua opera, Naturalis historia. Fine conoscitore del greco, Plinio adoperò senz’altro la parola historia nel suo significato originale di “ricerca“; Naturalis sembra poi un calco del greco fusikóς nel senso di “relativo al cosmo, all’universo“: Plinio dunque scrive una “ricerca di erudizione per una conoscenza universale“, nient’altro che una parafrasi per esprimere il concetto di enciclopedia. Nel XVIII secolo, in età illuministica, l’Encyclopaedia Britannica si propone come modello di coabitazione tra alfabetismo e politomismo monografico delle enciclopedie dell’età classica.