La deviazione

Con questo racconto ho partecipato al concorso Ypsilon Tellers. Non ha avuto fortuna, peccato.

“Ormai non c’era più salvezza per me. E come avrebbe potuto essercene? Ero caduto nelle mani dei miliziani coperti di nero, facendo il mio mestiere. Dei miei due colleghi, Federico e Margherita, nessuna traccia da domenica. Dopo tre giorni dalla mia cattura, così mi avevano comunicato i carcerieri con un inglese biascicato, la mia condanna a morte sarebbe stata eseguita. Ecco: quel terzo cruciale giorno era arrivato, e ora mi trovavo in macchina, in una delle macchine dei guerriglieri,  dietro a un autista con la divisa d’ordinanza. Nell’ultimo colloquio con i miei sequestratori, mi sembrava di aver capito che avrei dovuto essere condotto in una radura dov’era stato approntato un set. Davanti alle telecamere sarei stato decapitato o piuttosto freddato con una pallottola alla nuca.
Ma viaggiavo ormai da più di dieci chilometri. Non vedevo all’orizzonte né sciabole né cappucci e tonache nere  – a parte quella del conducente davanti a me – né sedie da regista né cineoperatori. Ogni tanto qualche pastore, barbuto come le sue capre, gettava qualche sguardo minaccioso, ma tutt’altro che mortale. Provai ad abbozzare una domanda con tono flebile: Dove mi porti?
Verso la libertà, mi rispose la persona che stava al volante. Era una voce femminile. Una miliziana, in vena di eufemizzare sulla mia destinazione, pensai. E magari provava piacere a torturarmi infliggendomi un percorso più lungo.
Davanti al mio sguardo perplesso – perplesso è dir poco – la donna si tolse il cappuccio: era Margherita. Ma va’, com’è piccolo il mondo (e com’è immensa, invece, la felicità,ma in quel momento non lo dissi). Rideva. Ma… non vorrai mica uccidermi?, gli domandai tra il tremante e il raggiante.
No, disse lei mettendosi alla bocca, dopo chissà quali tribolazioni, la sua amata sigaretta. <>
Continuavo a non capire. Se ti sei messa d’accordo con i terroristi hai fatto una cosa ignobile. Lo pensai ma non lo dissi.
Mi travolse con una boccata di fumo. <> Rimasi in silenzio.
<>
<> Stavolta parlai, ma l’eccitazione mi rendeva balbuziente.
<> Un’altra boccata di fumo. <> Stavolta singhiozzava anche, tra una nuvola che faceva tossire e un’altra. <>
Adesso si era rimessa a ridere. Nervosamente. <> Le carezzai i lunghi capelli mori. Mi misi a piangere. Pianse.

<> Già, proprio come aveva lasciato me due anni prima, ma senza mai mollarmi veramente. Stavolta però avevo superato me stesso nel rovinarla: l’avevo resa un’assassina. Eppure, si sarebbe salvata se non avesse avuto nessuno da salvare?”




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