Nella visione del mondo degli scrittori tedeschi dell’otto- novecento c’è una problematica di fondo sottintesa alla tematica di ciascuno:il dissidio tra arte e vita.Questo dissidio si supera in base ad un compromesso,o lo si lascia emblematicamente irrisolto.Nella posizione del compromesso troviamo attestati,ciascuno all’interno del fervore spirituale della propria epoca,Thomas Mann e Johann Wolfgang Goethe;nella posizione del rifiuto risolutivo c’è,in modo massimamente rappresentativo,Franz Kafka. 1.Thomas Mann (1875-1955).Nato da una famiglia mercantile di Lubecca,si trasferì a Monaco dopo la morte del padre,iniziandosi all’attività letteraria e giornalistica.Premio Nobel nel ’29,fu esule dal ’33,morendo quindi in Svizzera nei pressi di Zurigo.Il nucleo fondamentale della tematica di Mann è formata da due motivi:il ruolo conflittuale dell’arte nella società borghese,e la decadenza della borghesia nei suoi modelli di perpetuazione familiare,sotto i colpi delle diverse tensioni individuali dettate dallo spirito e dai tempi (il modello – Buddenbrook:l’identità di una famiglia si disgrega,generazione dopo generazione,a causa dei differenti indirizzi morali e valori di vita dei capi famiglia).In questo nucleo si inserisce,dal1900 in poi,l’elemento della malattia che approfondisce,in tono catartico,il solito dissidio arte –vita e arte – epoca e tra presente individuale e presente reale(Morte a Venezia;La montagna incantata).In tale contrapposizione la soluzione di Mann è di tipo goethiano,con un compromesso tra le due parti in nome di una elevatezza del sapere e del sentire. 2.Holderlin (1770-1843).Indirizzato agli studi ecclesiastici,li abbandonò per dedicarsi alla poesia e all’attività di precettore presso varie famiglie di Francoforte,fra ui quella del banchiere Gontard,la cui moglie,Suzette,egli amò fino alla morte di lei.Si stabilì quindi come bibliotecario a Homburg,dove l’aggravarsi della sua instabilità mentale rese necessaria la sua messa in custodia presso il falegname Zimmer,con cui trascorse gli anni restanti della sua vita.Nella sua poesia si fonde una vena classicista – simbolista,che arriva a vagheggiare una nuova religione dell’umanità in un’età dell’oro in cui l’Ellade sarebbe rivissuta in Germania,e una vena malinconica,che canta il ritorno alla natura come rifugio. L’Iperione è il punto di fusione tra queste due pulsioni liriche. 3.Novalis (1772-1801).Allievo di Fichte e Schelling,si impiegò poi a Weissenfels nell’amministrazione delle miniere di sale.Sin dagli Inni alla notte compare la sua filosofia poetica dell’ “idealismo magico”:la capacità dello spirito di dominare la realtà con un atto di volontà in base alla fede del trionfo della poesia sulla realtà. 4.Von Kleist (1777-1811).Incarnò con la sua stessa figura il dissidio tra arte e vita,che si rispecchia anhe in molti suoi personaggi. 5.Goethe (1749 – 1832).A Strasburgo si accostò al gruppo dello Sturm und Drang,di cui divenne il principale esponente.Ciò che caratterizza l’opera del poeta,anziché un nucleo di temi,è un’ispirazione che matura e cambia orizzonti nelle varie fasi della vita,passando dalle posizioni romantiche delle origini a quelle ottimistico – borghesi dell’età matura.Il periodo dei Dolori del giovane Werther è quello del titanismo spirituale di stampo alfieriano;dall’Ifigenia in Tauride in poi (1779)Goethe passa ad un classicismo paganeggiante;a partire dalle Xenie(1796),scritte in collaborazione con lo Schiller,Goethe attua una sorta di compromesso tra aspirazioni artistiche e vita borghese che si realizza nella superiorità contemplativa dell’intellettuale. 6.Franz Kafka (1883-1924).Impiegato alle Assicurazioni Generali,iniziò l’attività letteraria a 30 anni su esortazione dell’amico Max Brod,ma in vita pubblicò solo una serie di racconti,dando poi ordine,nel sanatorio di Kierling,dove morì tubercolotico,che tutti i suoi lavori,specie quelli inediti,fossero distrutti.Ma è dalla contravvenzione di Brod a quest’ordine che la storia della letteratura ha guadagnato i tre romanzi più importanti di Kafka,America,Il Castello,Il Processo,nei quali egli enuclea il tema della vita come labirinto,in mezzo a cui l’uomo può soltanto girovagare all’infinito senza una vera speranza di libertà,e dunque senza una vera meta.
Gianluca Vivacqua, gennaio 2004