Teoricamente qualsiasi testo può essere dettato. Ma un dettato propriamente detto è un testo non troppo lungo (siamo nell’ordine di grandezza della mezza pagina di quaderno) che si presta, per il suo placido ritmo descrittivo e la limpidezza lessicale, a essere declamato in modo chiaro e con calma, e con altrettanta calma a essere trascritto parola per parola. Ciò che, per i piccoli scolari, è un’esercitazione di ortografia, per gli scrittori è un importante esercizio di calligrafia: li allena, infatti, ad acquisire quella grazia stilistica che li rende più leggibili ma anche più udibili. Il soggetto per un testo che diventerà un dettato dev’essere per forza semplice e piacevole: per esempio la descrizione di un arcobaleno, di una tavola imbandita, di un parco giochi, o un raccontino in forma dialogica.
La versione ideale, in fondo, non è molto diversa da un dettato (anche come lunghezza, naturalmente). Può essere quindi un brano descrittivo, il più delle volte; se non lo è, è un brano narrativo a contenuto favolistico, aneddotico, biografico, cronachistico, oppure un brano riassuntivo. Se la caratteristica fondamentale di un dettato dev’essere la facilità di ascolto e di trascrizione, quella di una versione non può che essere la facilità di trasposizione. (Immagine tratta da Skuolasprint.it.)