Ecco come si potrebbe sintetizzare la guerra civile nello Yemen in un paragrafo da corso di storia per la scuola media.
Nel 1990 lo Yemen del Nord e lo Yemen del Sud si unirono in un unico Stato. Un tentativo di secessione della parte meridionale fu stroncato nel giro di poche settimane. Primo presidente del nuovo stato fu il colonnello Ali Abdulah Saleh, già a capo dello Yemen del Nord. Dopo ventidue anni di dittatura nel 2012 Saleh, spinto dalle pressioni di piazza e uscito vivo per miracolo da un attentato l’anno prima, lasciò il potere al vicepresidente Hadi. Ma in realtà non aveva alcuna intenzione di uscire di scena: si alleò infatti con gli Huthi, una minoranza armata sciita che dal 2011 aveva assunto il controllo di importanti aree territoriali nel Paese, e mosse guerra ad Hadi.
Il 20 gennaio del 2015, le truppe sciite assaltarono e conquistarono il palazzo presidenziale di Sana’a e costrinsero Hadi a rifugiarsi ad Aden. Soltanto due mesi dopo gli Huthi prendevano anche Aden; a quel punto Hadi si rifugiò in Arabia Saudita e chiese l’aiuto del sovrano wahhabita. I sauditi organizzarono una coalizione anti-Huthi composta da Emirati Arabi, Kuwait, Giordania, Egitto, Bahrain, Marocco, Senegal, Sudan e Qatar e diedero avvio a una decisa controffensiva. Il 4 dicembre 2017 un cecchino degli Houthi uccise il presidente Saleh che stava tentando la fuga da Sana’a.
Intanto nel 20114 era ripresa la lotta degli indipendentisti del Sud. Nel novembre 2019 il governo di Hadi giunse a un accordo con i secessionisti, ma il 26 aprile 2020 questi ultimi inaspettatamente hanno proclamato in modo unilaterale l’indipendenza dello Yemen meridionale.
Veduta di Sana’a (link originale