Questo è un estratto dall’ebook che si intitola come il post. È uscito per Delos Digital proprio oggi, martedì 27 novembre 2018. Quello che vi propongo è il secondo capitolo completo, Maledetto Duchamp.
Ho sempre avuto una particolare passione per l’archiviazione di materiali interessanti o meritevoli di essere conservati. In casa possiedo un paio di classificatori metallici a due cassetti: sono un po’ più bassi di quelli che si vedono negli uffici o al commissariato ma io li trovo fantastici, e ne vado orgoglioso. Prima di fare quest’investimento avevo una pletora di scatole porta-progetto e di cartelline con elastico, oltre a registratori per archivio e raccoglitori ad anelli. Entrato nell’era dei classificatori, ho messo da parte molti di questi strumenti. Ho tenuto solo quelli che, per concezione estetica e progetto grafico, mi sembravano pezzi da collezione. Eppure non sono del tutto sicuro di aver raggiunto il top dell’archiviazione con l’acquisto dei miei due bei mobiletti. La ragione è semplice: a me non piace solo salvare e accumulare le risorse che andranno poi a riempire un contenitore, al contrario; mi piace anche collezionare tipologie diverse di contenitori. E probabilmente per uno che, in questa nicchia, voglia definirsi collezionista il top non è trovare contenitori già pronti per l’uso, ma scovare oggetti che possano essere adattati per diventare contenitori.
Faccio un esempio. Mettiamo che abbiate una collezione di piccoli libretti sul prezzemolo e altre piante aromatiche. Quando dico “libretti” intendo dei quadernini di un formato più o meno simile a quello dei calendari da tasca. Ci tenete a radunarli in un contenitore che, esteticamente, abbia qualcosa a che fare col tema della raccolta. Andate quindi in cartoleria e comprate una bella scatola di latta o di cartone con dei motivi floreali in oro su fondo verde. Siete soddisfatti perché “si rimane in ambito vegetale” e c’è un suggerimento, vago ma logico, di quello che c’è dentro la scatola.
Ma poi… andate al supermercato, vi fate un giro al reparto gelati e, tra le varie confezioni del banco dedicato, vi imbattete in una scatola molto colorata, allegra, con un simpatico personaggio che vi campeggia al centro, o quasi. C’è scritto “Prezzemolo” con un font fiabesco. Ecco, a quel punto avreste voglia di riportare la scatola in cartoleria e di utilizzare per i vostri scopi quel capolavoro di packaging prestato al mercato dei gelati. Certo, avete senz’altro voglia di gustare gli stecchi che sono dentro la scatola, ma la vostra voglia è rafforzata dalla prospettiva di svuotarla, quella scatola, e non certo perché vada al macero: bensì per dare ad essa un nuovo significato, una nuova funzione, una nuova vita. Per riconcepirla sulla base di quella finalità d’archivio che voi stessi avete intuito possa avere.
Si sa che i collezionisti, in genere, sono gente strana, e non solo quelli di scatole contenitive: nel campo del collezionismo davvero non si sa dove finisca la pazzia e dove inizi la genialità. Tuttavia, per quella famiglia di collezionisti a cui sono rivolte queste righe c’è almeno da dire questo: che condividono un tratto di visionarietà con un grande genio dell’arte contemporanea. Sto parlando di Marcel Duchamp, l’artista che prese un orinatoio e lo trasformò in un pezzo da museo, perché ai suoi occhi era un oggetto diverso da come lo vedevano tutti. Lui, infatti, lo vedeva come una fontana, ed è così, in quanto fontana, che quel pezzo è ormai conosciuto nella storia dell’arte.
Decontestualizzando l’elemento, cioè togliendolo dall’ambiente per cui era stato progettato, Duchamp lo ripropose con un significato completamente nuovo. Il gesto dell’artista sta, com’è evidente, nell’arbitrarietà della percezione dell’oggetto.
Eppure anche nell’arbitrio del maestro dadaista si possono individuare dei paletti. A ben guardare, Duchamp non prende un orinatoio per trasformarlo in un’astronave o in una bilancia (anche se niente avrebbe potuto vietargli di farlo). La sua visione dell’oggetto, almeno in questo celebre caso, nonostante tutto mantiene una continuità con la destinazione naturale dell’oggetto stesso. In fondo, se ci si pensa, l’orinatoio è un elemento da bagno, esattamente come può esserlo una fontana. L’immaginazione dell’artista non prende completamente il decollo dalle piste della logicità, ma sembra anzi attenersi ad un tema di base, che è quello
ambientale.
Lo accennavamo prima: mantenere una continuità tematica di base è anche la preoccupazione del collezionista di vuoti atti a contenere. Riprendiamo l’esempio che ho fatto prima: ho una collezione di libretti che parlano di prezzemolo e cerco un contenitore per custodirla. Perché mi innamoro di una confezione di gelati con lo stecco che portano il nome del simpatico personaggio di Gardaland? Perché quando un domani, in un angolo in bella vista della cucina, sistemerò quella scatola riempita con i libretti, avrò davvero voglia di godermi la curiosità di un ospite che, in cerca di quei materiali, potrà chiedermi se non siano proprio dentro la scatola “Prezzemolo”. E allora “Sai, l’avevo capito dal nome” potrebbe essere la sua risposta al mio sì. Obiettivo raggiunto.
Il libro è in vendita qui, https://www.delosstore.it/ebook/52092/non-rompere-le-scatole-riciclale/.