Uno degli errori più comuni commessi dai maestri dell’ars amatoria alle prime armi è quello di idealizzare la bellezza della ragazza che fa battere il loro cuore. E questo avviene, spesso, sulla scorta di suggestioni letterarie e/o cinematografiche e/o musicali-canzonettistiche. Certo, la donna angelicata dei sommi poeti della nostra letteratura sembra essere un potente modello di ispirazione, ma sia Dante che Petrarca, quando la tratteggiarono, o da tempo non erano più innamorati della donna che è alla base di quell’immagine oppure, in fondo, non ne sono mai stati veramente innamorati. Perché, come è noto, l’arte arriva quando il sentimento non è più palpitante ma si è sublimato, e ha in mano materia duttile per visioni grandiose. È proprio così: la bellezza per un artista spesso è funzionale ad un programma o ad una visione più generale, magari allegorica. Nella realtà, invece, è inutile idealizzare la bellezza di una donna se non altro perché c’è da considerare un fattore non di poco conto: la bellezza è legata all’età, e col tempo, purtroppo, inevitabilmente tende al disfacimento. Caro maschietto, la ragazza che ti è piaciuta, per la sua bellezza, quando aveva 15, 20 o 25 anni non ti piacerà più (o non ti piacerà più allo stesso modo) quando ne avrà 35, 45 o 50. Certo, se hai imparato ad amarla anche al di là della bellezza (torneremo su questo punto), continuerai ad amarla ancora, su questo non c’è dubbio; ma quella fotografia emozionale derivante dai suoi finissimi tratti somatici, a causa del tempo, cambierà, almeno un po’. Di conseguenza, più che idealizzare, cosa che, come abbiamo detto, non serve assolutamente a nulla e, spesso, ti rende timoroso di fronte alla tua lei, a te, che vuoi essere un conquistatore, converrebbe chiederti perché quel particolare tipo di bellezza – e non un altro, ripeto: NON un altro, il TUO TIPO DI BELLEZZA, quello che deriva dal tuo imprinting erotico-culturale e prende forma dal tuo ambiente di elezione – ti riempie il cuore. Il conquistatore che vuole sfidare il temponon idealizza, non si limita a contemplare una bellezza che oggi c’è e domani potrebbe non esserci più, ma si focalizza sui motivi per cui potrebbe e vorrebbe conoscere – nella sostanza – la bellezza che l’ha colpito, nel momento in cui l’ha colpito. E agisce: giunto a maturità, il maestro dell’ars amatoria sa bene che la bellezza – quella che, ovviamente, risponde al suo immaginario e alla sua fantasia, ma non stiamo parlando di idealizzazione– non è che un’occasione di conoscenza. Vuole sapere quanto quella bellezza che lo attira potrà influire sulla sua vita sensuale, nell’immediato, e su quella affettiva, nel lungo periodo. Perché questa è la verità: se la bellezza interessasse in quanto tale non avrebbe senso; interessa sempre come promessa di un animo meraviglioso, di una personalità affascinante, di un’eleganza senza fine. E in ultimo, queste doti finiranno per essere associate con l’immagine stessa della bellezza, o la sostituiranno, quando declinerà. Ma chi vuole onorare il proprio culto della bellezza e capire quanto essa potrà avere significato per lui non deve mai crogiolarsi in un mito; tutto ciò che gli occorre è non perdere tempo nello scoprirlo.
Già, il tempo; è sempre questione di tempo. Ne abbiamo parlato per quanto riguarda l’ars amatoria (e la caducità della bellezza femminile, ma non neghiamo che un discorso simile si possa fare anche per la bellezza maschile), ma è solo uno dei molteplici campi della realtà a cui questo discorso si potrebbe applicare. Se mi si chiede se il tempo sia un alleato o un nemico io rispondo, senza mezzi termini: è un nemico, in tutti i casi. Ed è letale, almeno quanto quei gas tossici di cui è pregna l’atmosfera e che non si vedono, Provate a pensarci: allearsi col tempo, in fondo, cosa significa? Significa lasciarlo scorrere, e il tempo questo chiede: di scorrere, tranquillamente, sulla nostra pelle. Sapete chi sono i migliori amici del tempo? Sono quelli che, per vocazione, si sono ritirati dal mondo. Gli eremiti, gli anacoreti, i monaci di clausura. Loro sanno che la voce del tempo è come quella di un vento che sussurra in mezzo al silenzio, e dice con tono arrogante: “Alla fine dei tempi, l’unica cosa che resterà sono sempre io, il tempo, e continuerò a scorrere sopra tutti”. Loro la chiamano vita contemplativa: ma se fosse semplicemente una resa al tempo? No, non ci si allea col tempo,perché non vuole alleati, vuole sudditi; semmai lo si combatte. Dal momento che tende a diminuire all’infinito, chi ha tempo, come recita un vecchio adagio, non ne cerchi altro, ma utilizzi al meglio quello che ha; la buona notizia, però, è che chi non ha tempo… se soltanto vuole, può crearselo. E non è un’eresia. Si chiama pianificazione. Avete in mente i venditori di Telemarket, quando presentano il loro antiquariato, la loro gioielleria, i tappeti e l’arte contemporanea? In molti casi propongono un pagamento rateale fino a 60 mesi, e questo è esattamente lo stesso periodo che i coach della formazione personale stabiliscono per la cosiddetta pianificazione strategica. Sì, è così: a partire da adesso, in qualunque punto della tua vita tu ti trovi, puoi già programmare il tuo futuro per il meglio e in modo efficace da qui a 60 mesi (cioè 5 anni, of course). Esistono anche pacchetti di pianificazione più larghi, addirittura fino a 10 anni, ma il lustro è il tempo ideale per chi vuole visualizzare dei risultati nel breve-medio periodo; ed è anche più “democratico”, visto che, rispetto al decennio, è una porzione di vita che può permettersi di percorrere anche chi ha già un’età piuttosto avanzata (purché non avanzatissima).
Ecco, la pianificazione è la migliore arma per combattere contro il tempo. In cosa consiste? È molto semplice: nell’anticipare per grandi linee il proprio futuro prossimo, immaginandolo. Prefigurandolo. In fondo anche qui è una questione di immaginario, proprio come con le predilezioni in campo affettivo-sentimentale (senza contare che la pianificazione può anche riguardare proprio una relazione): ecco perché chi ha detto che l’immaginazione è potere non ha certo sprecato il suo fiato. Di fronte al foglio bianco di carta o del computer, chi si sottopone all’esercizio della pianificazione deve immaginare tre cose: quello che vuole ottenere o portare a termine (obiettivi, risultati, traguardi), il modo con cui vuole ottenerlo e quanto tempo pensa che gli serva per farlo. Capite la differenza? Si sottrae alla mercé del tempo, perché preferisce deciderlo lui stesso, il tempo. E se poi ce ne vuole di più di quello che era stato preventivato? Niente paura, perché l’anticipazione serve proprio a questo: ad individuare, sin dall’inizio, eventuali alternative a un approccio inutilmente arduo o sconveniente. Va da sé che è bene immaginarne tante ma davvero tante, di alternative, ed è proprio questo ciò che fa di una pianificazione un lavoro di qualità. Se la casualità è sempre dietro l’angolo, prevedere un numero consistente di piani di riserva significa avere gli strumenti per non trovarsi mai impreparati: ed è un fattore decisivo. Combattere contro il tempo, quindi, significa cercare di batterlo sul suo stesso terreno: tenendo la barra dritta (gli obiettivi) e procedendo in base alla nostra dinamica più congeniale (il modo per arrivare a centrarli) e alla velocità più giusta per noi (i tempi che ci siamo assegnati e ai quali, ovviamente, ci impegniamo a non derogare).
Non aspettatevi niente dal tempo, ma fidate molto nella vostra programmazione dei tempi. Il tempo non regala niente, neppure quell’ “occasione giusta” che chi, al contrario, crede nel Grande Fiume che Scorre, tende a mitizzare (e torniamo al discorso di prima). Perché in fondo non esiste un’occasione giusta, ma solo quel momento in cui percepiamo di poter entrare in azione, e non dobbiamo aver timore di farlo. Quindi, per quel momento bisogna essere pronti ad entrare in azione.