La fontana in piazza d’Aracoeli




Guardate i monticelli dello stemma di Montecastrilli, ridente paese del ternano. Poi fissatevi sul fastigio della fontana in piazza d’Aracoeli: curiosamente noterete che hanno la stessa forma. Si tratta di una forma che gli appassionati di fontane, quelli che potremmo definire pegologi, chiamano “castellamento”: una parola dotta, ricercata, come tutte quelle che concorrono a dare corpo al vocabolario di una scienza in via di formazione, ma che parte da un’associazione simpatica, divertente, quasi infantile.  Quella con un dolce molle, molto molle, ma con una tendenza ad andare verso l’alto, quasi fosse una torre o comunque una struttura collegata o collegabile ad un castello (da qui il nome). Non avete ancora capito di cosa stiamo parlando? Di un comunissimo (e gustosissimo) budino. Quindi, quando si dice, descrivendo una fontana, che uno zampillo fuoriesce da un castellamento, semplicemente si vuole dire che sprizza fuori da… un budino!
La fontana di cui parliamo ha una struttura medievale, o medievaleggiante. Appartiene cioè al tipo di fontane costruite secondo un’architettura bipartita, o la sua variante tripartita. Lo schema originale prevede una vasca principale e al centro, elevato su una colonna di varia  forma, un catino o coppa (o anche patera) che sostiene un fastigio perlopiù zampillante. Nella variante, di cui  il monumento che esploriamo è un esempio, tra la vasca e la coppa abbiamo un catino più grande, che si può chiamare tazza o cotone. Il nostro budino sta al centro della coppa (a  pensarci bene, anche un normale budino lo sarebbe!), ma non poggia su di esso; ci sono infatti quattro puttini a fargli da cuscino.  La coppa è artisticamente più notevole nella parte convessa che in quella concava: ai bordi esterni presenta infatti quattro mascheroni, che però sono muti, cioè non emettono alcun getto. Effettivamente la nostra fontana non è uno sfavillio di zampilli: ad animarla è un classico meccanismo di vasi comunicanti, per cui l’acqua che esce dal castellamento ricade sulla coppa, da dove si riversa sulla tazza e, quindi, finisce nella vasca principale (tecnicamente si tratta di una colimbetra, un sinonimo più difficile di “piscina”: la vasca di una fontana si chiama così quando i suoi bordi non si alzano sopra il suolo, come, appunto, quelli di una piscina), recintata con una corona di cippi di pietra.
Si è detto prima che di regola, nelle fontane con questa struttura, la coppa è sorretta da una colonna che inizia dal fondo della vasca (o della tazza, naturalmente). Nel nostro caso non è proprio così, sembrerebbe infatti che la tazza sostenga la coppa completa della sua impugnatura e del suo zoccolo: così l’impressione complessiva è che il catino superiore sia piuttosto simile ad una di quelle fioriere che si vedono all’ingresso delle regge, o di dimore con pari importanza. Il fondo della tazza, infine, non giace direttamente sulla vasca, ma è rialzato su uno zoccolone, una specie di grande zampa. Anche il  bordo esterno della tazza è caratterizzato da mascheroni.  

                                                                                                  (da Ouvertures romane)            


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