Le storie di Antoni Bancells Pujadas, così come quelle di Flemming Andersen, e, tra gli italiani, di Massimo Fecchi, hanno un sapore antico per il loro sviluppo rocambolesco, fatto di colpi di scena da vaudeville e perché partono spesso da spunti irrazionali, apertamente pretestuosi, lontani anni luce dal razionalismo e dall’acribia quasi cinematografica delle strisce che oggi vanno per la maggiore su Topolino. Ma tant’è: la perfezione in stile cinematografico ha ucciso il tocco artigianale, pionieristico, dei telefilm, e ha reso superata la sorprendente levitas Topoliniana che, comunque, è sempre una gioia ritrovare, quando si può, accompagnata al segno grafico di maestri come Amendola, o Gatto, o Del Conte. Per farla breve, solo all’inizio di una storia disegnata da Pujadas e da pochi altri , oggi come oggi, si potrebbe trovare una situazione come quella in cui Paperino dà alle stampe un’autobiografia dove si vanta di essere stato più volte il salvatore di Paperopoli. In realtà non è la prima volta che Paperino si cimenta con la scrittura, ma i precedenti sono tutti nel segno del successo: in una storia dell’85, Paperino e l’ispirazione (disegni di Massimo De Vita), sorretto dalla parente papera delle muse di Omero e Shakespeare, finisce, dopo tanti tentativi a vuoto, per sfornare il suo best-seller; e in un’altra più recente, di cui non mi sovviene il titolo, sarà solo la fortuna sfacciata di Gastone a sbarrargli la strada verso il meritato premio in un concorso indetto da un editore. Adesso, però, il libro di Paperino, pieno di gradassate megalomani e ridicole, non piace a nessuno dei suoi concittadini, parenti e antipatico vicino in testa: così, deluso e affranto, al nostro non resta che iniziare a far piazza pulita delle copie fatte stampare, a pagamento. Ah, se soltanto avesse saputo che fra qualche millennio le sue res gestae, scritte da lui medesimo, sarebbero diventate leggenda! Fortuna vuole, invece, che lo sappia, perché, all’improvviso, una sua fan del futuro (più carina, a dir la verità, della stessa Paperina, ma.. non diciamoglielo) gli piomba in giardino con l’astronave per dirgli che nella Paperopoli da cui proviene, quella dei pronipoti di Paperino & c., c’è bisogno di un eroe come lui, così ardimentoso da affrontare imprese come quelle che lo hanno visto protagonista. In mano ella ha l’ultimo esemplare risparmiato dal tempo dell’autobiografia di Paperino, ormai ingiallito e diventato fragile come un incunabolo: e, manco a dirlo, si tratta della sua lettura preferita. Sarà proprio quel libro l’arma segreta all’insaputa di Paperino per salvare (e per salvarla davvero) la Paperopoli del futuro. Si tratterà di un sacrificio epico, ma non tragico: l’intrepido “eroe dei due millenni”, infatti, riaccompagnato nel suo tempo sarà ben felice di sostituire il volume andato distrutto per la salvezza della patria con una camionata di altre copie, provvidenzialmente (!) tenute in serbo in garage; per la gioia (e l’adorazione) dei suoi concittadini di domani.