Omaggio al Dalek

<>, replicava perplesso il barista del 1955 alla richiesta (mal compresa) del ragazzo del 1985 (Michael J. Fox) in Ritorno al futuro parte I. Eravamo alla metà degli anni ’80, il 1985 appunto, l’anno in cui la giapponese Canon produceva la prima fotocopiatrice a raggi laser, gli scienziati inglesi scoprivano il buco dell’ozono, in Italia il Verona vinceva lo scudetto, negli Usa Reagan aveva appena cominciato il suo secondo mandato consecutivo – e si vendevano i primi ricevitori satellitari – e l’URSS vedeva i primi vagiti dell’era-Gorbaciov. Eppure, con tutte le innovazioni tecnologiche di quell’epoca, la fantascienza da gustare in un bicchiere rimaneva ancora un’utopia, proprio come se fossimo stati davvero nel 1955. Però, però: grazie a Eldorado, un marchio di gelati per consumatori junior, c’era almeno la fantascienza… da leccare, e da succhiare: il Dalek. Proprio così, quella stiria (una parola che gli amici dotti preferirebbero all’abusato “ghiacciolo”) dal colore viola e una pennellata di rosso quasi alla base. E un nome ispirato a quello di un robot alieno: il Dalek, appunto, protagonista di un film già abbastanza vecchio per il periodo, dal momento che si tratta di uno di quei b-movie fantascientifici degli anni ’60 (il ’66, per la precisione) presto diventati di culto per gli appassionati, ma dimenticati dal resto del pubblico. Nel film, che si intitola Daleks: il futuro fra un milione di anni (tit. orig. Daleks invasion earth 2150 A.D.), si racconta che nel 2150 il nostro pianeta viene invaso dai Daleks, un popolo alieno di guerrieri-robot, che riescono ben presto a ridurre in prigionia l’intera umanità. Per fortuna, però, l’illuminato e coraggioso dottor Who (altra celeberrima figura della fan-fic, specie sul piccolo schermo), che viene dal passato e nel 2150  si era fatto un giretto con la sua macchina del tempo, riesce a formare intorno a sé un nucleo di resistenza. Guidati da Who, i pochi Terrestri rimasti liberi alla fine riescono a ricacciare gli invasori e ad affrancare tutti gli altri abitanti del pianeta. Così Who e i suoi assistenti possono tornare al loro tempo contenti di aver salvato il futuro della Terra. Dicevamo che il richiamo del gelato al robot è puramente nominale: nella forma, infatti, non sembra che si possano rintracciare dei tratti evocativi, dal momento che il Dalek robot è fatto così,

sembra quasi un R2-D2 riadattato a piccolo carro armato,

mentre il disegno del Dalek ghiacciolo si conforma a quello degli altri appartenenti alla gamma dei cosiddetti Gelosuccosi della Eldorado.

Nel Viking la ragione “morfologica” del nome è più evidente, visto che quel ghiacciolo arancio scuro fa effettivamente pensare, alla lontana,  a un elmo vichingo (mancano giusto le corna). Ma nel Dalek, cosa giustifica la scelta del merceonimo? La spiegazione potrebbe essere nel colore: effettivamente, come nota Andrea Marsiletti nel suo interessante articolo all’indirizzo http://www.parmadaily.it/Notizia/24962/il_ghiacciolo_hiphop_il_dalek.aspx#.UdsQvjv0GSo), il Dalek, in un panorama come quello degli anni ’80 dominato da dolci e gelati carichi di ipercoloranti, non faceva certo eccezione. Anzi, chi lo gustava poi doveva sopportare di vedersi la lingua viola per almeno una settimana. Cioè, per stare dietro all’immaginazione dei creatori del prodotto, era come se un invasore alieno imprimesse il suo marchio a fuoco (ma in questo caso sarebbe meglio dire “a gelo”) su colui con cui veniva a contatto. Dove il Dalek della fantascienza aveva fallito con la corazza e le armi il Dalek della fantagelateria riusciva con l’irresistibile aderenza alle papille gustative.   

 

 




2 risposte a “Omaggio al Dalek”

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